Glasgow e Ravenna

L’estate di questo 2017 è stata caratterizzata da due importanti appuntamenti internazionali. Il CDS ha infatti partecipato, in giugno, al 4° Convegno annuale del IFPH, la Federazione internazionale di Public History, a Ravenna (5-9 giugno – www.ifph.org) e alla Conferenza internazionale del SAH, la Società Internazionale degli Storici dell’Architettura, a Glasgow in Scozia (7-11 giugno – www.sah.org). Due palcoscenici importanti che hanno permesso un utile confronto con differenti realtà nazionali ed internazionali.

L’appuntamento ravennate ha avuto un significato simbolico rilevante, essendo il Convegno allo stesso tempo la prima conferenza della nascente AIPH, l’Associazione Italiana di Public History. All’appello, pertanto, non poteva mancare il CDS che da anni promuove la “Storia pubblica” in Italia. Inoltre, la partecipazione di quest’anno è stata in perfetta continuità con quella tenuta nel 2014 al Convegno internazionale organizzato dalla NCPH, l’Associazione Americana di Public History, a Ottawa in Canada.

Il panel di riferimento era intitolato “Storia urbana, architettura e progetti di comunità” ed è stato coordinato dalla professoressa Paola Lanari dell’Università Cà Foscari di Venezia. Come recita il titolo, sono stati presentati vari progetti di Public History in ambito urbanistico-architettonico. Il CDS, dal canto suo, ha presentato il proprio progetto culturale attraverso l’intervento alle Vallette, ciò poiché, a dieci anni dal suo inizio, tale intervento è divenuto uno dei simboli dell’attività del Centro. In particolare, è stato riletto criticamente il lungo percorso che si è snodato dal 2008, data di inizio dell’attività di riscoperta del patrimonio culturale e urbanistico del quartiere, sino ad oggi. Un progetto pluriennale che ha visto la nascita di numerose attività: dalle mostre, alle conferenze, dalle passeggiate storiche, sino alle pubblicazioni specifiche in materia. Sono quindi state analizzate le azioni di contrasto contro il “mito negativo” di quartiere ghetto e le strategie di collaborazione e responsabilizzazione della comunità, non solo nell’attività di ricerca ma, più ampiamente, nel progetto di rigenerazione sociale del rione.

In linea generale, si è tentato di mettere a fuoco una delle finalità del CDS, ovvero la (ri)scoperta “partecipata” della storia delle comunità che compongono la Circoscrizione 5. Riscoperta non già fine a sè stessa, ma come strumento di rivitalizzazione sociale e di promozione di un nuovo senso di cittadinanza attiva. Alla base il concetto di “autorità condivisa” tra ricercatori volontari e la comunità stessa che, invece di essere oggetto passivo di studio, è chiamata ad essere, in quanto comunità, protagonista attiva della ricerca. Infatti, la riflessione sul proprio passato può permettere l’acquisizione di strumenti interpretativi necessari per progettare un nuovo futuro. Un futuro in cui non solo le Vallette, ma tutte le “periferie”, possano divenire luoghi capaci di attrarre risorse materiale e immateriali dal “centro”, investendo sui giovani e cooperando con istituzioni, con associazioni e, in particolare, con l’Università.

Proprio le attività di collaborazione tra CDS ed enti esterni al territorio sono stati uno dei temi dell’intervento scozzese. L’intervento, in effetti, è stato un lavoro congiunto tra il CDS e gli architetti del Laboratorio ZIP. Il panel, intitolato “Preserving and repurposing Social Housing: Pitfalls and Promises” (Preservare e riqualificare l’edilizia sociale: trappole e promesse), è stato coordinato da A. S. Dolkart della Columbia University e da L. J. Vale del MIT e ha coinvolto accademici americani, francesi, inglesi. Il comune denominatore è stata la discussione di nuove strategie per la tutela del patrimonio abitativo pubblico che all’estero spesso viene demolito facendo spazio alle speculazioni private.

L’intervento del CDS, partendo dall’esperienza del lavoro alle Vallette, ha promosso, attraverso l’approccio di Public History, un utilizzo più ampio del concetto di “patrimonio” inteso cioè non solo nella sua dimensione architettonica ma, anche, nella sua dimensione “immateriale” intendendolo quindi come capitale sociale e memoria della comunità residente. Sebbene alle Vallette non si corrano rischi di demolizioni, si ritiene che alla base di ogni intervento di rigenerazione dei quartieri pubblici, in Italia come all’estero, vi sia la negazione delle rappresentazione di questi luoghi come “fallimenti sociali” tout court e la riaffermazione del loro ruolo di risorsa collettiva per l’intera società.

Pertanto, è stata approfondita la proposta di candidare le Vallette come bene culturale. Se in altri paesi questo riconoscimento è già avvenuto, in Italia questo sarebbe il primo caso. Il riconoscimento del suo patrimonio infatti, nel suo significato più ampio, vuole essere una negazione forte dello stigma e un motore di strategie di rivitalizzazione della comunità. Una nuova veste attrattiva della periferia, dicevamo, che deve vedere una cooperazione più stretta tra enti, università e istituzioni esterne. Tra queste, per l’appunto, l’esempio dello Zip e del Politecnico di Torino. L’obiettivo è quindi biunivoco: da un lato rompere l’isolamento che caratterizza le Vallette con la speranza che venga considerato finalmente un “bene” collettivo dall’intera cittadinanza, dall’altro promuovere un nuova volontà collaborativa dei residenti affinché chi proviene dall’esterno possa essere considerato una risorsa e non, come spesso accade, una minaccia di cui diffidare.

Andrea Coccorese